| da un celebre videoclip di benny benassi |
E, cercando di barcamenarsi alla
meno peggio, nota, raccoglie e mette nel sacco piccole cose a volte anche sorprendenti…
Trovo doveroso dire
ciò che il blog non offre, vale a
dire la scienza. Tesi, argomentazioni, prove, sono tutte cose che non trovano
tanto posto qui: chiunque se le aspetti, pensi bene prima di proseguire con la
lettura.
Cominciamo, dunque, con questa
particolare materia.
Tra le prime parole che mi sono
occorse nel mio ormai pluriennale soggiorno ungherese c’è senz’altro
l’espressione scritta a caratteri cubitali su un cartellone non lontano da casa
mia: ÉPÍTŐ ANYAG. Attratto dai colori, o forse dagli ammiccamenti della signorina
in bikini in posa con martello pneumatico, decido di svelare il mistero di
quelle due parole: trovo il verbo ÉPÍT: costruire.
Più avanti ÉPÍTÉSZ: architetto. Piú
avanti ancora ÉPÍTÉSZET: architettura.
Quando apro un dizionario guardo
sempre in giro, anche se la parola che cerco non la trovo subito o non la trovo
affatto, a volte addirittura mi dimentico di quello che sto cercando, sono
fatto così. Più in basso ancora c’é ÉPÜL: costruirsi.
Subito dopo ÉPÜLET: edificio.
Aspetta, aspetta, mi dico, forse
ho capito: questa non è una lingua, questo è un rebus, un’equazione matematica!
E sento che sto penetrando il Segreto delle Lingue Agglutinanti. Ecco svelato
l’arcano: l’elemento ÉP- porta in sé il significato del costruire, -ÍT ed -ÜL sono due formanti verbali con significati
rispettivamente attivo e passivo, -ÉSZ è la persona ed -ET il sostantivo. Sono
un genio.
Mi gongolo nella mia raffinata intelligenza,
ma poi mi viene la malsana idea di andare a cercare la voce ÉSZ. Ma no, non
posso trovarla, non ci sarà: é un suffisso, il dizionario non riporta i
suffissi. Infatti non li riporta: scopro che ÉSZ é anche e soprattutto un
sostantivo: senno, ingegno.
Stupore.
ÉP-ÍT-ÉSZ-ET: ció che deve sapere colui che con ingegno
costruisce e cioè l’architettura. Le parole ungheresi non hanno bisogno di
essere definite: la definizione è la parola stessa! Che lingua è mai questa,
che ti dice la verità sulle cose che esprime senza bisogno di ulteriori
spiegazioni? Penso all’italiano, alla retorica dei politici, ai latinarum dei donabbondi nostrani ed
alle espressioni costruite ad arte per essere equivocate… Bella sarebbe una
lingua che non ti permettesse di mentire. L’italiano è una lingua bugiarda?
Beh, bugiarda forse no, ma indubbiamente a volte è un pò paracula…
Ma cosa stavo cercando? Ah già,
ÉPÍTŐ. Non lo trovo, ma ormai è chiaro il campo semantico, ho già capito. Poi
cerco ANYAG e trovo: materia.
Quanti significati ha la parola materia? Parecchi: materia come argomento, come disciplina, come materiale,
materia prima, come mondo sensibile, tutto ciò che è dotato
di peso, il mondo materiale, la
materia che compone ogni cosa, quella che oggi sembra meno misteriosa grazie
alle ricerche del Cern sul bosone di Higgs. L’italiano e l’ungherese sembra
abbiano avuto la stessa idea a riguardo: l’ungherese ANYAG è formato da ANYA (mamma) più il suffisso -G, identica
struttura presenta la voce latina: a MATER segue il suffisso dei concetti
complessi, un -IA che sa di collettività, la realtà composita delle cose
materne, tutto ciò che potenzialmente può essere usato per generare o dare
forma ad altre realtà: gli elementi, i materiai
corpora, come dice Lucrezio, lo scienziato tra gli antichi poeti di casa
nostra. Non me ne abbiano i liberali: quando si nasce si nasce da una mamma.
Portare a compimento una gravidanza e dare alla luce è appannaggio delle sole
donne. Una diffusa idea medievale che trae probabilmente origine dal Timeo di Platone vuole, in soldoni, che
nel processo di riproduzione il padre sia responsabile dello spirito, mentre la
madre fornisca il corpo. In un canto del Purgatorio,
il xxv, Dante allude proprio a questa idea, filtrata attraverso l’aristotelismo
ed il tomismo e confluente nella teoria dei due sangui, paterno e materno:
l’uno, attivo, conferisce la forma all’altro, che è passivo ed è, per così
dire, il materiale da costruzione che andrà poi a comporre il feto.
Passo davanti a quel cartellone
pubblicitario almeno due volte al giorno. Ragazza in bikini e martello pneumatico.
Ah ecco a cosa si riferisce ÉPÍTŐANYAG! Al martello pneumatico?
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