La voce italiana genitore mi ha sempre dato l’idea di una
funzione morale, una carica ufficiale, un compito conseguente e necessario piuttosto
che un ruolo naturale. Forse sono molto condizionato dalla ricorrenza della
formula „firma di un genitore o di chi ne
fa le veci” di scolastica memoria, però indubbiamente si tratta di una
parola un pò grave, solennemente latina: la sua formazione è simile a quella di
tanti mestieri o incarichi, come dottore
(colui che ha la funzione di rendere dotti, di docere), attore (chi
mette in atto, chi agisce) e tantissimi altri esempi che formano sulla base di
un supino con l’aggiunta del suffisso efficiente -OREM/-RICEM.
LEG(leggere) - T(segno del supino) - OREM(efficiente), cioè lettore, ovvero colui che rende letto.
Il genitore è chi ci rende nati. La
sua radice -GEN- percorre spazi e tempi, in greco antico -γεν-/-γον- è padre di
genesi, genoma, Eugenio, gonadi, teogonia, …, il latino genere,
genitale, … l’italiano gente, gentile, genuino, ingenuo … l’inglese kin, kind, king, sono
solo alcuni dei molti esempi.
Il termine ungherese è più
immediato di quello italiano: SZÜLŐ, che alla lettera suonerebbe più come generante. Il verbo SZÜL significa generare, far nascere ed è accompagnato dal suffisso -Ő/-Ó che è assimilabile
al nostro -ANTE/-ENTE del participio presente.
In ungherese, a differenza
dell’italiano, la nascita ha il punto di vista dei genitori, infatti è più
facile dire „metto al mondo”
(SZÜL-ÖK) che „nasco” (SZÜL-ET-EK). Chi
dei due ha ragione? Chi è il protagonista della nascita, neonato o genitore? Impossibile
dirlo, tuttavia una cosa è certa: riusciremmo a raccontare nel dettaglio l’arrivo
dei nostri figli, ma la nostra nascita solo per sentito dire… L’espressione io nasco è evidentemente fuori dalla
logica, è solo una parola vuota contenuta nelle tabelle di grammatica, una voce
verbale che non trova nessun uso nella realtà, perché nessuno è in grado di
parlare nel momento della propria venuta al mondo! Semmai io sono nato, SZÜL-ET-T-EM, o nasce
(SZÜL-ET-IK) acquisiscono una dimensione reale.
Dire io metto al mondo, partorisco,
io dò alla luce, ungh. szülök, sono frasi possibili, ben
inseribili in una vera situazione.
Cerchiamo di capire meglio la
differenza tra nascita, születés,
cioè l’azione vista dalla prospettiva del bambino, e quella vista con gli occhi
della mamma, che è szülés, ovvero il
parto.
Beh, non sarà il caso di spiegare
la differenza tecnica che è lampante, qui cerchiamo di giocare non con i
significati, bensì con i significanti
della lingua, una lingua che, come ho detto altrove, sembra spesso una sorta di
espressione matematica. Anzi, meglio definirla espressione algebrica, visto che
non usiamo molto i numeri, ma piuttosto le lettere! Perciò ricaviamo davvero la
differenza morfologica di queste due
parole:
SZÜL - ET - ÉS -
SZÜL - - ÉS =
______________
ET
Ecco: la differenza è tutta in
quell’-ET-. Si tratta di un formante verbale che sposta la direzione
dell’azione. Ad esempio, da KÜLD che significa mandare, formiamo KÜLD-ET che significa far mandare. Sue varianti sono -TET- (vedi BÜN-TET, punire, multare, dove -BÜN- sta per colpa
e perciò il tutto si potrebbe intendere rendere
colpevole quindi punire) oppure
semplicemente -T- come in KEL-T, far
alzare qualcuno (dal letto), laddove lo stesso verbo privo di -T- significa
alzarsi (KEL).
Quest’ultimo è un esempio
particolarmente emblematico, perché rappresenta molto bene l’inversione di
punto di vista rispetto all’italiano: l’ungherese ritiene grammaticalmente più
semplice quel tipo di azione che si effettua all’interno di un unico elemento,
evidentemente il soggetto, mentre per l’italiano l’azione di base è quella che
avviene tra due elementi, un soggetto che rivolge l’azione ed un oggetto che la
riceve. Noi italiani, per intendere un’azione che non si rivolge ad un elemento
esterno, ma si compie all’interno del soggetto, dobbiamo aggiungere il pronome
riflessivo. Al contrario gli ungheresi aggiungono un morfo solo quando l’azione
è rivolta ad un secondo elemento.
ita
1 = ungh. 2
|
ita
2 = ungh. 1
|
ALZARE
= KEL-T
|
ALZAR-SI
= KEL
|
SVEGLIARE
= ÉBR-ESZT
|
SVEGLIAR-SI
= (fel)ÉBRED
|
VESTIRE
= ÖLTÖZ-TET
|
VESTIR-SI
= ÖLTÖZ(ik)
|
Tornando in tema, sciogliendo in
morfi la nascita ungherese e spostando il punto di vista in modo corretto, otterremo:
SZÜL-ET-ÉS e cioè l’aver causato il parto!!!
In modo magiaro si può dire che nascendo si causa il travaglio della propria
genitrice, colei che, dandoci alla luce, latinamente ci rende nati.
Vale la pena ricordare l’esistenza anche in ungherese dell’idioma világra hoz, che corrisponde tanto all’espressione italiana dare alla luce quanto a mettere al mondo, e questa è stata un’altra scabrosità che mi ha lasciato sorpreso. Ma del rapporto tra il mondo e la luce parleremo ormai in un’altra puntata.
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